Il verdicchio è unanimemente riconosciuto come uno dei migliori vini bianchi italiani. Tante le etichette di altrettante cantine ubicate nelle due zone a Doc in regione: Matelica e Jesi. Oggi mi soffermo su un verdicchio di Jesi a mio avviso ancora poco conosciuto dalle nostre parti, nonostante la cantina sia in auge dal 1981 in quel di Staffolo. Mi riferisco alla Fattoria Coroncino della Famiglia Canestrari - Lucio, Fiorella e figli -, che l’hanno tirata su a piccoli passi e con non pochi sacrifici ed il cui motto è “ ‘ndo arivo metto n’segno ”, a tradire la propria origine romana. Diverse le etichette prodotte, frutto degli oltre 10 ettari vitati condotti in regime di agricoltura biologica e biodinamica. Il vino che ho assaggiato recentemente è Il Gaiospino 2015 (18-20 euro il costo in enoteca), etichetta di punta della cantina. Un verdicchio classico superiore da uve provenienti dal vigneto di Spescia ubicato nel comune di Cupramontana, vino che come detto rappresenta al meglio l’azienda ed è quello che, nel corso degli anni, ha avuto maggiori riconoscimenti. Vino importante per struttura e ricchezza di aromi, da uve raccolte nel pieno della loro maturità, che fa registrare 14,5 gradi alcolici. Prodotto in circa 10 mila bottiglie annue, con il 30% circa di mosto che fermenta in tonneau di rovere e con il vino che rimane per 16-18 mesi sui propri lieviti fino all’imbottigliamento, Il Gaiopsino si presenta nella sua veste migliore: colore giallo paglierino nella sua luminosità, al naso esprime un bouquet di pesca, frutta tropicale e frutta secca, mentre in bocca oltre all’accentuata mineralità (il vigneto di Spescia gode di un suolo marnoso), mostra equilibrio e morbidezza. Un vino dall’importante struttura però non stucchevole grazie alle note di sapidità e freschezza. Ottimo in generale con la cucina di pesce del nostro mare Adriatico, meglio ancora se abbinato a ricette dal sapore deciso come zuppe o baccalà. “In realtà, parlare del vitigno è riduttivo – le parole di Lucio Canestrari, riportate in una bella intervista rilasciata a quel grande fotografo nonché raffinato conoscitore di vini che corrisponde al nome di Mauro Fermariello, intervista che potete gustarvi sul suo blog Winestories (www.winestories.it), nato per raccontare storie di vignaioli -, il vitigno si esprime su di un terreno e con un microclima specifici. I miei due vini, Gaiospino e Coroncino, sono fatti entrambi con uve Verdicchio, addirittura partendo dagli stessi innesti. Ma sono profondamente diversi, perché diversi sono i terreni d’origine. Il Coroncino viene da un terreno argilloso, mentre il Gaiospino viene da una marna calcarea. Questo anche perché sono vent’anni che non concimiamo, per cui il terreno sa proprio di terreno, esprime quel che ha, e non prende il gusto di sostanze aggiuntive”. Ed ancora: “Non abbiamo mai avuto obiettivi particolari, mete da raggiungere. Abbiamo sempre fatto quello che ritenevamo opportuno, quello che ci sembrava giusto. Non siamo biologici perché dobbiamo presentarci in qualche modo, anche perché sulla bottiglia non è che compaia. Lo siamo e basta, semplicemente perché riteniamo sia giusto, perché lavorare in questa maniera mi consente di entrare in vigna quando voglio, di mangiare l’uva senza avvelenarmi. Un bicchiere di vino ti racconta un anno di vita di una vigna, con quell’uomo, quell’agricoltore”. Parole che mettono il sigillo su di una filosofia di vita prima ancora che di produttore di vino. Bellissime infine le etichette, ognuna diversa per tipologia di vino. Chapeau!
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PIERO LUCIANIGiornalista pubblicista appassionato di vini, in particolare bollicine. Amo bere bene in compagnia possibilmente al cospetto di una buona tavola. Archivi
Maggio 2023
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